
Al via il progetto che Google ha portato avanti insieme a Stella McCarteny e al Wwf, che ha dato vita all’applicativo Gfie–Global fibre impact explorer. Uno strumento sviluppato per permettere ai marchi della moda di capire i risvolti ambientali legati alle loro scelte riguardo a dove prendere le materie prime, con l’obiettivo di far prendere decisioni più consapevoli e sostenibili. Hanno collaborato all’iniziativa anche marchi e gruppi del mondo del fashion come Adidas, H&M eVf corp, testando la piattaforma in sede di pre-lancio.
La prima versione di Gfie, che utilizza il motore di ricerca di Google maps, permette di capire il rischio ambientale legato a diversi tipi di fibre in relazione a fattori come l’inquinamento dell’aria, la biodiversità, il clima, le emissioni di gas serra, la presenza di foreste e l’utilizzo d’acqua.
Illustrando l’iniziativa, Google fa notare come la fashion industry sia una delle principali responsabili della crisi climatica e ambientale, essendo responsabile dell’8% delle emissioni globali di gas serra. E la maggior parte di questo impatto sarebbe legata alle primissime fasi della supply chain, quando e dove le materie prime vengono prodotte (come ad esempio i processi di produzione del cotone o l’abbattimento degli alberi per la viscosa). Tuttavia, fa notare, motivando anche il progetto realizzato, quando i fashion brand si riforniscono di queste materie prime hanno poca visibilità dell’impatto ambientale che queste generano.
Ed ecco quindi lo sviluppo di questo applicativo, che tra le altre cose fornisce ai brand anche dei suggerimenti su attività specifiche che possono ridurre i rischi legati a varie regioni, come per esempio opportunità di lavorare con coltivatori, allevatori e communities, investendo in pratiche di agricoltura rigenerative.