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Italia colabrodo, perso il 42% dell’acqua immessa nella rete idrica

Questo l’allarme lanciato dall’Istat attraverso l’ultimo Censimento sulle acque in Italia

Italia colabrodo. Quasi la metà dell’acqua potabile immessa nella rete idrica nazionale viene persa durante il trasporto. Il dato allarmante è stato messo in luce dai ricercatori dell’Istat nell’ultimo Censimento sulle acque in Italia. stando alle rilevazioni ufficiali, ben il 42% del volume di acqua immessa in rete sembra non arrivare a destinazione a causa delle perdite strutturali del sistema (a cui è attribuibile un 5-10% del totale), ma soprattutto dello stato di usura e di scarsa manutenzione degli impianti per la distribuzione dell’acqua. I dati parlano chiaro: negli ultimi venti anni le perdite di acqua potabile in Italia hanno registrato un incremento superiore al 30% a fronte di un consumo pro-capite di acqua che risultava ben superiore a quello odierno. Se è vero infatti che ogni italiano consuma oggi in media 215 litri di acqua al giorno a fronte dei 250 litri del 1999, è vero anche che il totale delle acque che entrano nelle nostre case si attesta attorno al 58% del totale erogato a monte contro il 77,4% di dieci anni prima.

«In Italia la dispersione in rete continua a rappresentare un volume cospicuo, quantificabile in 156 litri al giorno per abitante», hanno avvertito gli esperti dell’Istat secondo cui il volume di acqua disperso nel 2018 (3,4 miliardi di metri cubi) soddisferebbe le esigenze idriche di circa 44 milioni di persone per un intero anno. «Le perdite totali si compongono di una parte fisiologica, che incide inevitabilmente su tutte le infrastrutture idriche, e che varia generalmente tra il 5% e il 10%», si legge nel rapporto dell’Istat, «una parte fisica associata al volume di acqua che fuoriesce dal sistema di distribuzione a causa della vecchiaia degli impianti, della corrosione, del deterioramento o della rottura delle tubazioni; una parte amministrativa, che determina anche una perdita economica per l’ente, legata a errori di misura dei contatori (volumi consegnati ma non misurati, a causa di contatori imprecisi o difettosi) e ad allacci abusivi (volumi utilizzati senza autorizzazione), stimata intorno al 3-5%».

Una situazione in progressivo peggioramento nonostante la concentrazione sempre più marcata dei gestori della distribuzione, passati in venti anni da 7.826 a 2.552. «Rispetto al 2015 le perdite di rete sono aumentate di circa mezzo punto percentuale a conferma della grave inefficienza dell’infrastruttura idropotabile», hanno avvertito gli esperti dell’Istat evidenziando, tuttavia, la grande eterogeneità nelle perdite di acqua tra territori e tra regioni. In cima alla lista de cattivi si trova infatti Sardegna (51,2% di perdita) e Sicilia (50,5%), seguite dai distretti dell’appennino centrale (48,4%) e di quello meridionale (48%). Quasi in linea con il dato nazionale il valore registrato nell’appennino settentrionale (42,1%) mentre nel distretto del fiume Po l’indicatore si è attestato sul livello minimo in Italia pari al 31,7% del volume immesso in rete.

«Una regione su due ha perdite idriche totali in distribuzione superiori al 45%», hanno sottolineato dall’Istat evidenziando com le situazioni più critiche si concentrano soprattutto nelle regioni del centro e del Mezzogiorno, con i valori più alti in Abruzzo (55,6%), Umbria (54,6%) e Lazio (53,1%). «Tutte le regioni del nord, ad eccezione del Friuli-Venezia Giulia (45,7%), hanno un livello di perdite inferiore a quello nazionale. Mentre in Valle d’Aosta, nel 2018, si è registrato il valore minimo regionale di perdite idriche totali di rete (22,1%), anche se in aumento di circa quattro punti percentuali rispetto al 2015».

Stando alle rilevazioni dell’Istituto di Statistica, inoltre, tra i 14 capoluoghi di città metropolitana, Milano sembra essere il comune più virtuoso con appena il 14,3% di perdite totali di rete. Bene anche Bologna e Torino che hanno registrato un livello di perdite idriche inferiore al 30%. Mentre Napoli, Roma, Genova, Venezia e Firenze presentano perdite che oscillano tra il 30% e il 45%. In fondo alla classifica, i grandi centri del sud Italia come Palermo, Reggio di Calabria e Bari con perdite comprese tra il 46% e il 50%, meglio comunque di Cagliari, Messina e Catania dove la dispersione dell’acqua supera la metà di quella immessa in rete. 

Ma a quanto ammonta oggi il consumo di acqua in Italia e quali sono i cittadini più idrovori? Stando ai dati presenti nel censimento, ogni anno in Italia vengono erogati 4,7 miliardi di metri cubi pari al 51,4% del totale prelevato. «A partire dal 2008 i consumi idrici nei comuni italiani hanno registrato una diminuzione costante riconducibile a molteplici fattori», hanno spiegato gli esperti dell’Istat. «Comportamenti di consumo più sostenibili, cambiamenti nei metodi di calcolo dei volumi non misurati, contrazione delle utenze non domestiche a causa della crisi economica del Paese (soprattutto attività commerciali e servizi)».

Ma come avviene l’erogazione dell’acqua sul territorio italiano? La fotografia scattata dal Censimento mostra una situazione particolarmente eterogenea sul territorio. Con differenze che dipendono, oltre che dalla diversa dotazione infrastrutturale e gestionale, anche dalla densità demografica, dalla capacità attrattiva del territorio e dalle presenze che per motivi di lavoro, salute, studio o turismo, si aggiungono alla popolazione residente nell’utilizzo dell’acqua. «L’erogazione è mediamente più elevata nei comuni del Nord rispetto al Mezzogiorno», si legge nel documento. «La ripartizione Nord-ovest registra il volume maggiore (254 litri per abitante al giorno), ma con una forte variabilità regionale e valori che oscillano dai 233 litri per abitante al giorno del Piemonte ai 446 della Valle d’Aosta (regione con il valore più alto). La diffusione dei fontanili, soprattutto nelle aree montane, può dar luogo a erogazioni per nulla trascurabili e spiega i valori sensibilmente più alti dei volumi pro capite. Mentre ai residenti nelle regioni insulari è erogato in media il minore volume di acqua (189 litri per abitante al giorno), anche se i valori regionali più bassi dell’indicatore si osservano in Umbria (164) e in Puglia (152)».

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